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Le nuove “rivolte del pane” sconvolgono il Maghreb
Da tre settimane Tunisia ed Algeria sono teatro di un’ondata di proteste che hanno coinvolto diversi strati sociali. Soprattutto giovani tunisini ed algerini sono scesi nelle piazze per protestare contro la mancanza di lavoro e l’aumento senza precedenti del costo dei beni di prima necessità come acqua, pane e zucchero. Il bilancio dei morti tra i manifestanti è ancora incerto: in Tunisia almeno 35 persone hanno perso la vita in scontri con la polizia e l’esercito, senza contare le sessanta vittime di un incendio appiccato alla prigione di Monastir. In Algeria il bilancio è di cinque morti e 800 feriti. Le scuole e le università sono state chiuse in seguito a quella che è stata ribattezzata “la rivolta del pane”.
Perché questa rivolta? I dati sono chiari: in entrambi i Paesi la maggioranza della popolazione è sotto i 30 anni. In Tunisia i giovani laureati senza lavoro ammontano al 23,4 %, raggiungendo picchi del 30 % nelle aree più disagiate. In Algeria i dati sono pressoché identici. Epuure, la dura repressione dei rispettivi Governi non ha scosso gli animi dei Paesi europei né delle istituzioni comunitarie. In Italia il Ministro Frattini ha condannato gli atti di violenza contro i civili, aggiungendo però la volontà di “sostenere un governo come la Tunisia”.
In Tunisia, Ben Ali governa da 24 anni, Bouteflika, in Algeria, da 12. La carenza di diritti civili, un’opposizione politica relegata ad un ruolo marginale, l’assenza di una libera informazione sono elementi che accomunano i due Paesi del Magreb ad altri Stati nordafricani e mediorientali.
Nonostante il relativo stato di benessere in Tunisia, qui le proteste hanno assunto un carattere prettamente politico. I giovani invocano maggiori libertà e, soprattutto, un cambio alla guida politica del Paese. Le rivolte hanno costretto il presidente tunisino a lasciare il Paese. Il poteri presidenziali sono stati assunti temporaneamente dal presidente del Parlamento, in attesa di nuove elezioni previste tra due mesi.
In Algeria invece le proteste sembrerebbero motivate da fattori economico-sociali, dalla fame e dalla povertà che colpiscono una società sotto la continua minaccia dell’estremismo islamico. Il rischio reale è che movimenti integralisti islamici tentino di cavalcare le proteste, come già avvenuto nel 1988.
La “rivolta del pane”, alle porte dell’Europa e a poche centinaia di chilometri dal nostro Paese, rischia così di sconvolgere il panorama politico magrebino e di espandersi ad altri Stati nordafricani sotto i colpi della crisi economica.
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Per Equilibri.net, Emanuele Schibotto è Coordinatore Editoriale
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